domenica 9 ottobre 2011

Tassati gli alimenti grassi in Danimarca: si vuole solo fare cassa?


I danesi ce l’hanno a morte con i grassi, nel senso di alimenti. E così gli hanno piazzato una tassa. Questo significa che i cibi che contengono oltre il 2,3% di grassi saturi pagheranno un’imposta di 16 corone, equivalenti a 2,25 euro. Quindi una confezione di burro verrà a costare quasi un terzo di più. Aumenteranno i prezzi delle patatine, dei prodotti caseari e dell’olio di oliva (la domanda è: perché anche l’olio di oliva se si volevano tassare i grassi saturi?).
Così, anche se meno del 10% della popolazione danese è obesa (molto meno della media europea), la tassa è operativa. Perché? Per far arrivare nelle casse di stato grossomodo 200 milioni di euro.
La tassa – la fat tax come viene chiamata - è in vigore dal 1° di ottobre, e vuole diminuire quella valore del 4%, che rappresenta la percentuale delle morti causate da uso dei grassi saturi.
Anche la Francia ha deciso di compiere una operazione simile: dal prossimo anno tasserà le bevande zuccherate. Solo di introiti derivati dalle vendite di Coca Cola dovrebbero arrivare 120 milioni di euro. In Ungheria saranno invece tassati cibi con alto contenuto di sale e zuccheri.
Anche nel resto della Scandinavia, oltre alla Danimarca, si pensa di tassare i cibi per opporsi all’obesità.
Questo è lo stato attuale dei fatti. Il piccolo quesito che inevitabilmente sorge è: ma davvero la tassazione dei cibi migliorerà la salute dei cittadini?
Magari si, ma aspetto i dati relativi all’operazione.
Sarebbe stata un’operazione davvero intelligente se i ricavi della fat tax (o quelli derivati dalle tassazioni citate) fossero reinvestiti in programmi per la salute, così che il cittadino non si senta solo defraudato del denaro, ma che avverta di essere oggetto di una campagna rivolta al suo reale miglioramento della qualità di vita. Altrimenti la sensazione è che il governo voglia solo fare cassa dietro a una connotazione salutistica (così come sospetto che realmente sia…).

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